In Sicilia, la Pasqua non è solo processioni, pecorelle e colombe glassate. È anche maschere di diavoli, riti antichissimi e interi paesi che si trasformano in palcoscenici viventi, dove il bene e il male si danno battaglia tra risate, brividi e applausi.
Tra i riti più suggestivi – e forse meno conosciuti fuori dall’isola – ci sono due tradizioni che mischiano fede, folklore e un pizzico di paganesimo: la Diavolata di Adrano e il Ballo dei Diavoli di Prizzi. Due modi completamente siciliani per raccontare la resurrezione, con stile, passione e un tocco di fuoco.
La Diavolata di Adrano (CT): quando il teatro sfida l’Inferno
Ogni anno, la domenica di Pasqua, Adrano si ferma. Non per una semplice celebrazione, ma per uno spettacolo sacro che va avanti da oltre due secoli e mezzo: La Diavolata.
Scritta nel 1752 dal sacerdote Don Anselmo Laudani, è considerata una delle rappresentazioni religiose popolari più longeve della Sicilia. L’opera si articola in due momenti: La Diavolata, che mette in scena lo scontro tra i demoni e l’arcangelo Michele, e l’Angelicata, l’annuncio della resurrezione portato dagli angeli alla Madonna.
Il testo viene recitato in un italiano arcaico del settecento, con toni solenni ma teatrali. I personaggi sono potenti archetipi: Lucifero, altero e orgoglioso; Belzebù e Astarot, teatrali e quasi comici nella loro perfidia; la morte, muta ma eloquente nei gesti; e Michele, incarnazione della giustizia divina.
La scenografia è semplice ma d’effetto: bastano un palco, qualche luce, un po’ di fumo e la forza espressiva della voce per rapire il pubblico. Lo scontro non è fisico, ma dialettico e simbolico, in perfetta linea con il teatro religioso popolare. Il momento più toccante? Quando la morte spezza il suo arco, riconoscendo la sconfitta. È l’istante in cui l’umanità si libera dal peccato e la resurrezione trionfa.
Ma la Diavolata è anche tradizione familiare. I ruoli principali vengono tramandati di generazione in generazione, e molti partecipanti si preparano per mesi. Negli anni Duemila, lo spettacolo è stato rilanciato anche in versione serale, arricchito da scenografie illuminate che esaltano l’atmosfera drammatica.
Il Ballo dei Diavoli di Prizzi (PA): a Pasqua ballano i diavoli
Nel cuore dell’entroterra palermitano, il borgo di Prizzi celebra la Pasqua con una delle tradizioni popolari più singolari della Sicilia “U Ballu di li Diavuli”.
I protagonisti sono tre figure mascherate: due diavoli rossi, con corna e lingua di fuori, e una morte gialla, silenziosa e inquietante. Questa festa affonda le sue radici in riti medievali o addirittura pre-cristiani, legati alla rinascita della natura e al passaggio dall’inverno alla primavera.
La giornata inizia con una caccia simbolica con i diavoli e la morte inseguono i passanti, li fermano e li rapiscono. Per essere liberati, bisogna offrire un piccolo riscatto, in denaro, caramelle o dolci. È un gioco rituale, ma dal significato profondo: la vita umana messa alla prova, il male che tenta, la comunità che reagisce unita.
Nel pomeriggio si entra nel vivo della festa. I diavoli invadono le vie del centro in una danza frenetica, accompagnati dalla banda musicale, tra applausi, marce incalzanti e bambini che imitano i loro movimenti. I personaggi non parlano, ma comunicano attraverso gesti teatrali e provocatori, trasformando ogni angolo del paese in una scena viva.
Il momento clou è “U ‘ncontru”: l’incontro tra la statua del Cristo risorto e quella della Madonna, portate in processione da due cortei diversi. I diavoli e la morte cercano di impedire l’incontro, come se rappresentassero le forze del disordine e dell’oscurità. Ma alla fine intervengono gli angeli, spesso interpretati da bambini vestiti di bianco, che scacciano i demoni e aprono la via al bene. I diavoli si inchinano tre volte in segno di sconfitta e chiedono perdono davanti alle statue.
Tra gli elementi più caratteristici della festa ci sono i cannateddi, biscotti rustici con un uovo sodo al centro, simbolo di fertilità e rinascita. C’è anche la trasuta d’i diavulicchi, un momento dedicato ai più piccoli, che possono indossare le maschere da mini-diavoli: un passaggio simbolico tra le generazioni che rende la festa ancora più coinvolgente.
Come la Diavolata, anche il Ballo dei Diavoli è una tradizione costruita e vissuta dalla comunità, in cui ogni abitante ha un ruolo, una memoria o un aneddoto da condividere. E anche qui, alla fine, il messaggio resta chiaro: il male può far ridere, ma non vince mai.
Identità e spettacolo popolare: il cuore del folklore siciliano
In una terra attraversata da dominazioni e contaminazioni culturali, il folklore è diventato una forma di resistenza, di orgoglio, ma anche di racconto: trasforma ogni festa in uno spettacolo, ogni rito in una storia, ogni paese in un teatro all’aperto.
Tradizioni come la Diavolata di Adrano e il Ballo dei Diavoli di Prizzi ci ricordano che in Sicilia, la Pasqua è molto più di un rito religioso. È teatro popolare, memoria storica, gioco rituale, provocazione poetica. È un’eredità che si rinnova ogni anno, senza mai perdere la sua forza originaria. E che continua a parlare al cuore, con la voce di un’isola che non dimentica.