“Refugees”: il teatro che unisce storie di migranti di ieri e oggi in scena al Ranchibile

Dopo il grande successo dello spettacolo sul Giudice Rocco Chinnici, che ha emozionato e coinvolto studenti e professori al Teatro Don Bosco Ranchibile di Palermo, il regista Ugo Bentivegna torna sullo stesso palcoscenico con “Refugees… Il Respiro dei Migranti“, in programma il 18 e 19 febbraio alle 10:30, con una replica straordinaria il 19 febbraio alle 18:30.
La nostra redazione ha incontrato il regista Ugo Bentivegna per approfondire i temi e le motivazioni dietro questo intenso spettacolo che affronta una delle questioni più urgenti del nostro tempo. Durante l’intervista, il regista ci ha svelato il percorso creativo e le riflessioni che hanno portato alla realizzazione di quest’opera teatrale così significativa.

L’evoluzione di “Refugees”: dal 2015 a oggi

Lo spettacolo che vedremo al Ranchibile è molto diverso dalla sua versione originale del 2015. “Inizialmente” ci spiega Bentivegna, “raccontavo storie di rifugiati provenienti da diversi paesi che arrivavano tutti a Roma. Ma portando lo spettacolo in giro per l’Italia, mi sono reso conto che mancava qualcosa: la nostra memoria, la nostra storia.
Questa consapevolezza ha portato a una profonda trasformazione dell’opera, che ora intreccia sapientemente le storie degli italiani emigrati in Argentina negli anni ’30 con le vicende dei refugees contemporanei. “Ho sentito l’esigenza di tornare ad affrontare il tema della migrazione per la sua grande attualità” sottolinea il regista, evidenziando come “la questione umanitaria dell’accoglienza, se oggi riguarda soprattutto gli africani, il secolo scorso riguardava i nostri connazionali, spesso i nostri stessi nonni.

Storie intrecciate: dal Giulio Cesare a Lampedusa

Sul palco si alternano le storie di tre migranti italiani imbarcati sul transatlantico Giulio Cesare: una siciliana promessa sposa, una vedova toscana e un giovane musicista siciliano. Particolarmente toccante è la storia di Salvatore, interpretato da Gaspare Di Stefano, un musicista il cui padre pescatore, non volendo per il figlio la sua stessa vita difficile, lo spinge a cercare fortuna oltre oceano.
Queste vicende si intrecciano con la storia contemporanea di Lamin, un giovane del Gambia che nel 2013 intraprende un viaggio attraverso Senegal, Mali, Burkina Faso, Niger e Libia, prima di raggiungere Lampedusa su un barcone. La sua odissea, che lo porta a ottenere la protezione sussidiaria in Italia, rappresenta il ponte tra passato e presente della migrazione.

Un cast che racconta la realtà

Il personaggio di Lamin è interpretato da Cedric Kasongo Musau, la cui storia personale aggiunge ulteriore profondità alla narrazione. L’attore congolese è lui stesso un rifugiato, fuggito dal suo paese dopo aver girato un film contro la dittatura. “Quando l’ho incontrato a Roma” racconta Bentivegna, “gli ho chiesto di interpretare questo personaggio e ha detto subito sì perché ci si ritrovava.
Il cast include anche Beatrice Piscopo, Francesca Picciurro e Diandra Selvaggio, che contribuiscono a dare vita a uno spettacolo multimediale e partecipativo.

L’impatto sociale e la risposta del pubblico

Ormai i refugees sono diventati dei numeri” osserva criticamente Bentivegna, “e non pensiamo che dietro queste drammatiche storie ci sono delle persone, delle persone che fuggono dai loro paesi.Lo spettacolo si propone proprio di superare questa spersonalizzazione, restituendo umanità alle statistiche.
L’impatto emotivo è particolarmente forte sul pubblico giovane. Gli studenti, come racconta il regista, “rimangono affascinati da queste storie e spesso alla fine dello spettacolo si mettono in fila per salutare Musau, “talmente colpiti che non smettono di piangere.

Informazioni pratiche

Refugees… Il Respiro dei Migranti“, scritto in collaborazione con Lorenza Fruci, andrà in scena al Teatro Don Bosco Ranchibile, in via della Libertà 199 a Palermo. Per informazioni e prenotazioni è possibile contattare il numero +39 320 312 7957. Un’occasione imperdibile per riflettere su come la storia si ripeta e su come i dolori e le speranze dei migranti rimangano invariati nel tempo, ieri come oggi.

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